La mamma e il papà vengono una volta al mese, fin dall’inizio dell’anno. Si stupiscono: la loro ragazza studia sempre, la vedono loro in casa, è sempre sui libri. E poi, però, nelle verifiche prende 5, o anche 4. Io li ascolto: spiego che il latino è un po’ così, chiede pazienza; è solo l’inizio dell’anno, non bisogna allarmarsi, bisogna invece aspettare e dare tempo alla ragazza, che ne capisca i meccanismi; che ce la farà, se studia così tanto.
Ma i mesi passano e i voti non migliorano. La ragazza studia, mi dicono i genitori, cosa c’è che non va? Niente, continuo a dire io, bisogna darle tempo. Se studia, ne verrà fuori; intanto mi pare che la ragazza sia sveglia, gli orali sono quasi positivi, nel complesso, quindi non è una tragedia. Alla fine del primo quadrimestre le do l’insufficienza solo nello scritto, con un po’ di generosità, ma non voglio demoralizzarla.
Poi, da gennaio, anche gli orali smettono di essere positivi. La mamma e il papà continuano a venire e sono sempre più preoccupati. Mi dicono sempre che studia tantissimo; io comincio ad avere i miei dubbi, perché ci sono cose che non si possono sbagliare, se si studia. E perché altri che studiano hanno già migliorato parecchio. Mi dicono che forse è il metodo; sì, dico anch’io, può darsi che sia il metodo. Proverò a spiegare meglio, penso; proverò a tenere d’occhio la ragazza con più attenzione.
Ma i voti continuano a peggiorare. E io mi accorgo che la ragazza non studia: finge bene, anche con me, ma non studia, però. Gli esercizi hanno sempre qualcosa di strano. «Li hai copiati», le dico una mattina. Lei fa la faccia offesa e nega in modo perentorio. Io insisto, ma non ottengo niente. Intanto le verifiche peggiorano in modo progressivo. Le dico che non è possibile sbagliare tutta quella roba; lei mi risponde che non sa cosa farci, «non sono capace», ed ha un’aria quasi di sfida.
Comincio a interrogarla più spesso; lei a volte sa le cose, a volte non le sa. I suoi genitori arrivano e mi dicono che la ragazza sostiene che io la perseguito; e che lei studia tanto, naturalmente. Io dico loro che non la voglio affatto perseguitare, ma solo tenere un po’ sotto controllo; loro mi dicono che lo sanno benissimo, figuriamoci. Io dico anche che però, forse, non studia mica così tanto. Loro non esitano: studia tantissimo, loro la vedono.
Poi, qualche giorno fa, la interrogo un’ultima volta e, quando le faccio notare che non ha fatto un terzo degli esercizi, lei sorride. Le dico: «Certo, intanto i tuoi continuano a venire a dirmi che studi…» Lei sorride ancora; poi mi dice: «Be’, loro mi vedono, l’importante è quello…». E io capisco definitivamente che non studia, che fa finta; e che comunque non convincerò i suoi genitori; perché la ragazza sa sfruttare quel po’ di fiducia che i suoi le concedono e su quella costruisce la loro certezza. E capisco che io non potrò mai smontarla, quella certezza. Ma lei non mi guarda con cattiveria, anzi. È come se mi dicesse: «Io faccio il mio gioco, non può mica pretendere che faccia il suo e dica ai miei che non studio».
È vero, penso io, non posso pretenderlo. Posso provare a darle il debito scolastico, intanto; ma temo che non servirà a niente. Perché la ragazza è furba e ha l’insufficienza solo in latino. E allo scrutinio non riuscirò a far passare il mio 5, di sicuro. Diventerà un 6, con una lettera spedita a casa a dei genitori che non mi crederanno più, perché loro vedono.
Una semplice curiosità: come fa un 5 a diventare un 6 allo scrutinio? Mi hanno sempre detto che ogni professore decide i voti e se il voto è quello e lui non lo vuole cambiare, gli altri colleghi non possono farci niente.
Da quello che so io, è il Consiglio di classe che decide i voti. Il prof può solo fare una proposta e può non essere accettata.
Poteva intitolarlo: la ragazza che studiava tanto. Mi rimembra qualcosa, non saprei definire cosa.
Comunque è una storia strana seppur comune, forse perché l’ha raccontato molto bene. Sì, è strano nel modo in cui l’ha raccontato, per cui ho finito ed ho quasi provato la sensazione che provo quando concludo un libro. Così, un nulla. Un po’ mi commuovo.
E’ come dice Raffaele, in effetti. All’insegnante spetta quella che si chiama “proposta di voto”: è una valutazione che viene verbalizzata, ma che può essere modificata a maggioranza dal consiglio di classe. In genere, quando un alunno ha solo un’insufficienza, il consiglio si pronuncia per portare il voto a 6. Poi dipende molto dal preside che è a capo dello scrutinio: ci sono presidi che fanno votare su qualunque insufficienza e altri che invece fanno votare solo come extrema ratio, quando nasce una discussione. Comunque il voto è sempre “di consiglio”, mai del singolo prof.
Scusa, ma allora il problema si sposta. Sono i genitori l’anello debole: da un lato le stanno troppo col fiato sul collo (e ciò è controproducente) e dall’altro vogliono assolutamente credere che la loro beneamata figlia sia la migliore del mondo. Anche se un dubbio dovrebbe venir loro: come fa a studiare tanto e avere un’insufficienza in latino? Solo in latino? E’ stupida solo in latino?
A questo punto sorge un dubbio: i genitori sono mai stati adolescenti? O sono passati dai 10 anni ai 40 con un salto temporale?
Secondo mei, se insisti e porti prove, riesci ancora a svegliare i genitori. Magari fagli leggere questo post.
Se non questi, i prossimi. 🙂
Gli anelli deboli sono due: i genitori, l’ho sempre detto (non tutti, sia chiaro; una discreta parte, però sì); ma anche la scuola, cioè noi (che la scuola non sono i muri). Perché non riusciamo più a dare la certezza del nostro giudizio; perché questa ragazza non studia latino ma non studia nemmeno altre materie, solo che prende 6 comunque (vedi post di ieri); perché ancora NOI concepiamo il voto come una punizione e non come uno strumento di lavoro. E allora, in quanto punizione, cerchiamo di non darlo. E ne vanifichiamo quel po’ di utilità che potrebbe avere.
(discorso più complesso di così, però, è ovvio)
I genitori le stanno troppo col fiato sul collo?
A me ha dato l’impressione che questi genitori nel fare gli affari loro ogni tanto buttino l’occhio nella stanza della figlia e vedano la prediletta con la testa sopra un mare di libri e quaderni, per concludere automaticamente: sta studiando.
Se fosse cosi’, come fiato mi pare fin troppo leggero 🙂
Un po’ è così, un po’ no. Un po’ le stanno con il fiato sul collo (e la condannano a fare finta, come dice Giacomo), un po’, in perfetta buona fede credo, non riescono nemmeno loro a vedere le cose come stanno; è quel po’ di cecità figlia dell’amore, tutto sommato.
A me più che una furbata pare una condanna di quelle dantesche: “sei condannata a far finta di studiare”. In pratica la sfigata non può impegnare il tempo che sottrae allo studio in attività più dilettevoli (anche far finta richiede un certo impegno), e nel contempo la sua condizione di studente non ne percepisce alcun giovamento.
al posto di fare finta, potrebbe studiare davvero, così i suoi voti migliorerebbero e non prenderebbe in giro i genitori, e il suo professore, mettendoli in difficoltà ai colloqui! anche perchè alla fine è lei che ci rimette!
quindi tanto furba non lo è!
M.
Caro scorfano,
è un po’ che ti seguo e ho già avuto modo di farti i complimenti. Ammiro soprattutto il coraggio che hai di descrivere ciò che ti succede a scuola, cambiando i nomi immagino. Io mi faccio mille scrupoli, sono assalita da mille timori e quel tuo stesso coraggio non lo trovo. Ma l’unica volta che mi sono “buttata” e ho descritto ironicamente un episodio successo nella mia classe, sono stata richiamata dal preside. Cos’è successo? I genitori dell’allievo -a cui comunque ho attribuito un nome fittizio- sono andati a protestare e a lamentarsi per come avevo trattato il figlio. Io mi sono limitata a descrivere un episodio, tenendo presente che:
1. non ho mai citato la sezione della classe in questione
2. nel blog non ho mai citato la scuola in cui insegno
3. non ho mai detto agli allievi di quella classe di avere un blog, né loro mi hanno mai chiesto alcunché
4. le uniche persone in grado di capire di chi stavo parlando erano gli allievi di quella classe, quindi testimoni del fatto
Il preside, tuttavia, sostiene che chiunque digitando il mio nome e cognome sul motore di ricerca può arrivare al mio blog. Questo è vero, ma mi chiedo per quale motivo i ragazzi dovrebbero cercarmi su Google. Alla fine mi sono autocensurata: ho cancellato l’articolo e al suo posto ho scritto delle scuse. Però mi sembra che, avendo adottato tutti gli accorgimenti per tutelare la privacy dell’allievo in questione e di tutta la classe -anche se sono consapevole che a scuola le voci circolano- , questo “tapparmi la bocca” leda la mia libertà di espressione in una sede che sento un po’ come casa mia.
Scusa lo sfogo. Vorrei sapere solo che ne pensi.
Grazie.
Cara Marisa, quello che scrivi mi mette una certa agitazione, te lo confesso. Anche perché i 4 punti che tu precisi per il tuo blog sono gli stessi che valgono per i miei racconti scolastici: nomi falsi ma storie sempre vere, anche se a volte spostate di qualche giorno; mai parlato a scuola con nessuno di quello che scrivo qui, ecc.. E non so bene cosa dirti: solo che è una storia abbastanza brutta da leggere, la tua.
Poi, una volta che il preside è intervenuto, non avevi scelta, secondo me, e hai fatto l’unica cosa che ti restava da fare. Certo, non dà l’idea di un ambiente sereno: almeno non quello della classe in cui c’è il ragazzo che è andato a lamentarsi (o la sua famiglia). Ma d’altronde finché si tratta di un solo post, si può anche fare finta di niente. L’importante è che ti lascino casa tua, nel suo complesso. Grazie della tua storia.
Grazie a te per la risposta. Ti confesso che stanotte ho dormito tre ore e mezza, ma non per il fatto in sé, bensì perché, a questo punto, sono io a sentirmi la vittima della situazione.
L’unica differenza che c’è tra me e te e che tu, almeno, hai usato uno pseudonimo, io, invece, ho intitolato il mio blog con il mio nome e cognome … e questo la dice lunga sulla mia buona fede. O no?
Stamattina, però, in classe il clima era lo stesso di sempre, come se non fosse successo nulla. Credo che il ragazzo in questione sia il meno turbato … in fondo ha avuto, suo malgrado, un momento di celebrita! Meno male che domani finiamo …
A presto. 🙂