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diritto scolastico

08/07/2009 di lo scorfano

avvocato mi dica lei il votoLo spunto mi è venuto da questo commento di ieri (lasciatomi da lasuoceradelbabau, che ringrazio). Vi si parla di avvocati e di famiglie protettive e di suggerimenti tra il larvato e il minaccioso, a proposito della valutazione dei figli. Sono atteggiamenti quasi incredibili, che vorrei tanto smentire, ma che invece mi tocca confermare, anche se indirettamente.

Io lavoro in un liceo piccolo, in provincia, senza grossi problemi di questo tipo. Ogni tanto mi capita di dover affrontare qualche mamma iperprotettiva, qualche padre un po’ maleducato, a volte qualche ragazzo un po’ troppo pieno di sé. Ma mai molto più di questo, in realtà.

Però parlavo pochi giorni fa con un collega del più prestigioso liceo classico della città (che è il più prestigioso anche perché è l’unico, a dirla tutta; nel senso che l’altro, quello frequentato dalla Gelmini, è privato, e non conta) e mi descriveva una realtà del tutto diversa, anche lui.              Mi parlava di avvocati di famiglia; di lettere che arrivano al preside, scritte appunto da importanti studi legali, in cui si diffida la scuola dal «continuare a tenere certi atteggiamenti nei confronti del ragazzo xy». E gli atteggiamenti sono voti, in realtà. Qualche 4 o qualche 5; magari assegnato durante un’interrogazione che viene dopo tre giorni consecutivi di manifestazione, e quindi ritenuto inaccettabile da parte dei genitori e, evidentemente, del ragazzo stesso.

Mi si raccontava di colloqui pomeridiani con le famiglie che durano sette o otto ore, perché ogni voto viene discusso, ogni parola viene vagliata e criticata, ogni compito assegnato viene valutato dalla famiglia dello studente nella sua maggiore o minore opportunità. Mi si raccontava di lamentele che arrivano fino alle minacce di ritorsioni politiche, fondate sulla conoscenza di questo o di quel personaggio. Mi si diceva di un preside che passa tutto il suo tempo lavorativo a ricevere delegazioni di studenti e di genitori, che si presentano come soggetti qualificati a insegnare agli insegnanti il loro mestiere.

Il collega che mi diceva queste cose è un amico, e non ho nessun motivo per non fidarmi di lui; e infatti lo ascoltavo allibito. Poi, lo ripeto, a me non è mai capitato niente del genere; nemmeno quando lavoravo in una scuola privata della stessa identica città e avevo in classe figli e nipoti della classe imprenditoriale più ricca del nord Italia. Sono passati dieci anni e forse le cose sono cambiate; forse anche le lamentele hanno qualche ragione dalla loro parte; forse dovrei chiedere il trasferimento in una scuola del genere, per capire come le cose possano funzionare in realtà meno comode della mia.

Ma, dopo quello che ho scritto ieri sull’amore delle mamme, oggi mi sentivo in dovere di scrivere anche questo, sulla degenerazione dell’amore di alcune altre mamme (e di alcuni padri, immagino proprio). Che diventa protezione e giustificazione a tutti costi; che diventa disprezzo del lavoro altrui; che diventa nostro futuro, tra qualche anno, di cui dovremo preoccuparci.

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Pubblicato su cronache scolastiche | Contrassegnato da tag avvocati a scuola, fare l'insegnante, il liceo più prestigioso della città, proteggere i ragazzi, scuola | 8 commenti

8 Risposte

  1. su 08/07/2009 a 11:07 scuolablog

    […] Per approfondire consulta articolo originale:  diritto scolastico « lo scorfano […]


  2. su 08/07/2009 a 11:59 Placida Signora

    […] 4) Diritto scolastico, di Lo Scorfano […]


  3. su 08/07/2009 a 17:07 Tea

    azz.., ma questi fanno sul serio!!!! no no, i miei interessamenti, come postavo ieri, mirano al bene della scuola sia come edifici, proprio come strutture materiali, sia
    come bene del quartiere e attenzione al sociale, il contorno, gli incontri con i comitati di quartiere, la necessità di potare gli alberi intorno agli edifici, le disinfestazioni per i pidocchi, i controlli per le mense, la raccolta dei soldi per la carta igienica o per le fotocopie e noi mamme dobbiamo insomma alzare la voce in sede, perchè purtroppo noi che usufruiamodi succursali in perferia, non siamo presi in considerazione, spesso siamo la voce delle maestre o professori che ci mandano avanti, perchè loro non possono essere coinvolte, insomma mai e poi mai ci permetteremmo di intrometterci su queste faccende, poi gli avvocati…. a quanto pare siamo realtà diverse, i nostri interessi mirano ad altro; ora comincio a capire cosa intendavate quando parlavate di mamme apprensive. Ti assicuro però che vivo in Italia, non nella Papuasia.


  4. su 08/07/2009 a 17:54 tinca

    Non vorrei essere fraintesa, non sono una classista (se lo fossi io apparterrei alla base della piramide), però un po’ prevenuta, quì è evidente che chi è abituato a vivere quotidianamente “l’antropocentrismo” esporta il modello ovunque vada, lui e i suoi.
    Chi viene socialmente riconosciuto, solo per il titolo che fregia sulla porta, spadroneggia in modo vergognoso!
    Non ci scandalizziamo troppo…basta osservare papi come protegge i suoi!


    • su 08/07/2009 a 18:44 lasuoceradelbabau

      Tinca non ha torto. L’atteggiamento qui descritto ha molto a che fare con la denuncia dei redditi di chi lo pratica, ed infatti anche lo scorfano afferma che è più tipico di un liceo prestigioso che di un altro tipo di scuola di una stessa città. Confermo, anche per quel che riguarda la mia città. Il cosiddetto “liceo prestigioso” riempie, ad esempio, qualche volta le pagine della stampa locale con casi di insegnanti dietro ai quali vengono aizzati stuoli di altrettanto prestigiosi avvocati. Magari questi insegnanti i torti che vengono loro ascritti li hanno davvero, però il modo di risolvere la questione non potrebbe essere diverso dal volgare “Lei non sa chi sono io”?
      Per la mia esperienza (lunga quel che basta e anche un po’ di più) posso dire che gli esempi migliori di genitori mi vengono dalle famiglie della zona periferica, magari rurale, di questo ameno luogo del ricco Nordest. Questi genitori educano ancora i loro figli al senso del dovere, mentre per certi genitori più cittadini e danarosi (ma non certo più colti o più educati) ai loro figli tutto è dovuto, e se le cose non vanno secondo le loro aspettative, fanno la voce grossa. E sfoderano il legale. Meglio questo o essere presi a cazzotti, come avviene in altre parti del nostro ridente Paese? Personalmente non saprei cosa scegliere, forse la randellata. Fortuna che ancora non mi sono messa nei guai. questione di tempo … Scusate la replica fiume.


  5. su 08/07/2009 a 19:34 lo scorfano

    Sono d’accordo con voi, infatti. Forse non è nemmeno una questione di censo ma proprio di senso di appartenenza a una classe sociale superiore. Superiore a quella degli insegnanti anche, ovviamente…


  6. su 08/07/2009 a 20:58 Giacomo Cariello

    La psicologia che si cela dietro questi atteggiamenti è ormai radicata profondamente nella nostra società. Prendetevi qualche minuto per osservare il comportamento degli automobilisti ad una rotonda: la precedenza non c’entra nulla e l’aggressive play paga sempre. Non è nemmeno una questione di agire realmente per la tutela dei propri interessi: è il semplice atteggiamento che i soggetti dimostrano a determinare anticipatamente l’inquadramento “gerarchico” che permetterà al soggetto aggressivo di avere la meglio.
    L’azione legale, anche solo minacciata, è la versione istituzionalizzata di questo concetto. I pionieri di questo metodo sono stati quelli che ne hanno tratto i maggiori benefici: una volta intentare una causa era considerata un’extrema ratio a cui spesso non si ricorreva anche se non c’erano alternative bonarie, perciò chi minacciava l’azione legale era preso in grande considerazione e si qualificava automaticamente come il leone della savana, anche se magari erano solo colpi sparati a salve.
    Oggi, come ci insegna mfisk, la gente è abituata a minacciare cause legali (e spesso anche a dar seguito alle minacce) anche per uno yogurt scaduto, perciò la strategia ha perso un po’ il suo smalto e la maggior parte dei soggetti si sono adattati all’ambiente e hanno imparato a valutare se è un bluff o se si annida un pericolo reale.
    Mi capita sovente di ricevere richieste di informazioni da parte di colleghi che devono vagliare delle richieste di reclamo: nella quasi totalità di questi casi, il reclamo è infondato perchè non siamo noi ad offrire il servizio oggetto del reclamo, eppure tale reclamo è sempre corredato da richieste di risarcimento esorbitanti e relative minacce di rappresaglie legali. Insomma il gallo ha speso più tempo a gonfiarsi il petto che a capire realmente quale fosse il suo problema, anzi spesso usa la minaccia per costringerti a scoprire al posto suo chi è la causa reale del suo problema.
    Il motivo per cui la società si trasforma in savana è tipicamente l’incapacità di soddisfare il bisogno di equità dei suoi partecipanti.
    Nel caso della scuola, il meccanismo dell’apprendimento è accoppiato ad una logica aziendale tra debiti, crediti, ratei e risconti, perciò è abbastanza naturale che chi si è abbonato al diplomificio e non è soddisfatto del servizio utilizzi gli strumenti di difesa che conosce, soprattutto quando è noto che la scuola pubblica non fa nulla per epurarsi autonomamente.


    • su 09/07/2009 a 08:46 lo scorfano

      Bella analisi, Giacomo. Certo è che se un sedicenne cresce con questo esempio come modello di comportamento, immagino che tenderà semplicemente a replicarlo, anche in futuro. Non so, mi pare che sia un meccanismo che si alimenta di sfiducia e finisce per generare soltanto altra sfiducia.



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