Qualche giorno fa, in quinta, c’è stata la simulazione di prima prova. Vale a dire che tutte le classi quinte dell’istituto si sono fermate e per 6 ore hanno svolto il cosiddetto tema, che adesso non è più un tema ma un’analisi di testo, oppure un saggio breve, oppure un articolo di giornale, oppure una trattazione di argomento storico. Ma tra di noi lo si continua a chiamare «tema», che fa tanto casa nostra e ci piace di più.
Le tracce erano sette, uguali per tutti, come sarà all’Esame di Stato (prima prova, infatti); ce n’era un po’ per tutti i gusti, onestamente, dalla prosa sveviana, all’autoritratto nei poeti del Novecento, e poi le radici della xenofobia e del razzismo, e poi ancora una trattazione sulle nuove periferie urbane e via dicendo. Erano tracce elaborate da un paio di mie colleghe, che si sono date da fare al posto mio, naturalmente.
Ho assistito per un paio d’ore alla «simulazione», perché ero impegnato anche in altre classi: ho visto i miei studenti molto concentrati e attenti, e mi sono anche un po’ stupito, perché non erano tracce diverse da quelle che io stesso ho dato per tutto l’anno; e però così impegnati non li avevo visti mai. Ma evidentemente il fatto che si chiamasse «simulazione di prima prova» li ha motivati un po’ più del solito. Bastano le parole, a volte.
Durante una pausa, ho parlato un po’ con alcuni di loro: qualche consiglio, qualche rassicurazione su quello che andava fatto e che stavano facendo. Gabriele però era un po’ scettico; mi ha detto: «Certo, è un esercizio un po’ inutile, nel complesso». «In che senso?» gli ho chiesto io. «Nel senso che a me pare assurdo venire qui, leggere argomenti proposti da altri e dover scrivere cose intelligenti su quegli argomenti lì, come se toccasse agli altri suggerirmi gli argomenti su cui devo riflettere e scrivere.»
Gabriele non è un ragazzo polemico per gusto o per abitudine. Quindi l’ho ascoltato e gli ho chiesto che cosa avrebbe trovato più intelligente fare, visto che questo gli pareva inutile. Lui mi ha detto: «Io vorrei venire qui e poter scrivere su quello che voglio. D’accordo: un saggio breve o un articolo di giornale; mi va bene che gli altri scelgano il modo o il genere a cui io devo attenermi. Ma credo di potere ormai valutare da solo quali sono le questioni importanti per me, quelle che mi interessano davvero, quelle su cui ho voglia e bisogno di dire qualcosa: perché mi sento informato, perché sento che ho qualcosa da dire, di importante».
Io ho pensato al blog e mi sono detto che effettivamente non potrei scrivere su un argomento proposto sempre da qualcun altro. Che devo saperne abbastanza per sentirmi in grado di dire qualcosa; e che anche quando mi pare di saperne abbastanza rischio di scrivere comunque qualcosa di vano o di sbagliato. Per cui gli ho dato ragione. E ovviamente l’ho rispedito subito al suo lavoro, dicendogli la solita frase: «Eh sai, la scuola è fatta così… ci sono regole a cui bisogna sottostare, è semplicemente un gioco delle parti, tante volte».
Ma tornando a casa ci pensavo e ho capito che non sarebbe possibile fare come dice Gabriele, in nessun modo. Perché chiunque, qualunque studente, si preparerebbe il giorno prima, a casa. E nessuna prova avrebbe più nessun valore. I più seri lo farebbero più o meno da soli; molti altri però si farebbero aiutare in modo smaccato; altri ancora copierebbero un post di qualche blogger (di qualcuno di voi blogger, magari) e via, tutto pronto per il giorno dopo.
Non è colpa della scuola, insomma; e non è solo un gioco delle parti.
È che il peccato originale, esiste. Magari non esiste Dio, forse non esiste nemmeno Zeus, addirittura, ma il peccato originale, quello, non manca mai. Ed è proprio come una virgola messa nel posto sbagliato, tra soggetto e verbo: tu sai che non ci deve stare, che non ha nessun senso farcela stare, ma lei è lì, e ti guarda e non la puoi mandare via.
Esiste, il peccato originale. Lo pensavo tornando a casa; lo pensavo mentre mi dicevo che avrei dovuto correggere tutte quelle simulazioni di prima prova e che avrei dato un bel po’ di euro a qualcuno perché lo facesse al posto mio. Pensavo anche: posso barare, posso fare finta di correggerle, tanto so benissimo come scrivono, ormai. Potrei anche non interrogarli più, pensavo; e risparmiare un bel po’ di energie. Tanto i voti sono quelli, no? Poi sono arrivato al semaforo del paese, che era giallo, e ho accelerato, e sono passato con quel primo rosso che allarma un po’, ma che non fa mica succedere niente, se passi lo stesso. Poi sono entrato in casa e ho fatto finta di non vedere che il gatto rosso che gira sempre qui intorno aveva pisciato sulle scale condominiali; pulirà qualcun altro, no? Poi ho buttato un dépliant elettorale nella spazzatura generica perché il sacco della differenziata era lontano dieci metri e io ero molto stanco. Poi, al telefono, ho detto a un mio amico che avevo un impegno quella sera e che proprio non potevo andare all’incontro della sua lista per le elezioni comunali. Poi ho fatto altre cose, che senz’altro potevo anche non fare o fare meglio.
Poi ho ripensato a Gabriele. E poi ho messo la virgola nel titolo del post, per non dimenticarmene più. Che siamo stati cacciati dall’Eden e che il peccato originale, esiste.
Un po’ troppo fatalista, no? Per tutto quello che riguarda l’individuo in prima persona credo che sia sempre possibile un’assunsione di responsabilità; più difficle pensarla per gli altri. [Ma dimmi, quella viola qui di fianco che ci sta a fare, se stai su un lago e vorrei stare in sicilia?]
Quella è un segreto. Tutti hanno un giardino segreto… Io ho quello. Dove coltivo le mie passioni più becere e irrazionali. Non so resistere. 😉
i temi potresti anche non correggerli, hai ragione, tanto non cambierebbe nulla agli studenti 🙂
A Gabriele avresti potuto far notare che nel blog hai la possibilità di scrivere di quello che ti pare, ma nella vita no, quindi tanto vale abituarsi.
Sai invece quanto se la prendono quando ritardo un po’ nella correzione? Roba da non credere…
Sono dei veri e propri mastini: e io la preda. (ve be’, insomma, non è proprio così… 😉 )
Ah, la scuola maestra di vita! Mi hai ricordato una volta che ho preso un 2 in un tema di italiano, in seconda superiore. Apparentemente voleva la mia opinione sui concetti di destino e di libero arbitrio, così scrissi di come la questione fosse condizionata in modo fondamentale dalla struttura intrinseca dell’universo, con l’analisi di svariati paradossi legati alla fisica dei viaggi nel tempo e alla meccanica quantistica.
La giustificazione ufficiale del voto, in mancanza di errori sintattici o grammaticali era “fuori tema”.
In realtà è poi la vita a spingerti a scrivere su argomenti che tu magari non ti saresti mai sognato di prendere in considerazione perchè magari non stanno nelle tue corde, perchè non ti interessano o perchè non hai niente da dire. Invece la realtà è diversa.
Così capita che una mattina ti trovi a dover passare delle ore a scrivere su un’argomento che proprio non ti piace, su cui non hai particolari competenze tecniche. Ma devi scrivere.
E così lo fai…pensando tra te e te che poi c’è il tuo blog che ti aspetta. E’ tutto tuo e puoi scrivere finalmente quello che vuoi. La differenza tra piacere e dovere molte volte si allarga, altre volte si riduce quasi fino a scomparire. Ma lavoro è lavoro.
@giacomo
la “struttura intrinseca dell’universo” è sempre fuori tema…Bene fece la tua prof. 😉
@lulu1538
E’ che il concetto di lavoro sfugge ancora un po’ ai diciannovenni liceali… è normale.
Che sessista, non ti ho mai detto che era una “lei” 😉
Tu dimmi che NON lo era…
😀
certo che esiste!!!, ma ritengo non siano quelli i peccati che enuncia lei caro Prof,, quelli sono atti di piccola ribellione a certi schemi di società, che ci si obbliga a eseguirli per vivere civilmente in mezzo alla gente, (semaforo, mondezza differenziata… e libertà di essere se stessi nel dire di no ad un invito palloso, o … che pulisca un altro…). Il peccato originale è insito nel nostro io, tutti lo abbiamo, anche tutti i santi lo avevano (santa Teresina diceva “sono niente più il peccato”. Quando viene fuori? quando meno te lo aspetti, quando non è ragionato o premeditato, quando vorresti buttare tuo figlio di pochi mesi dalla finestra perchè piange di continuo la notte da tre mesi, o appenderesti tua figlia ai quadri di fine anno della sua scuola quando vedi che è stata rimandata in greco che è tutto l’anno che paghi le ripetizioni, quando il tuo collega ti fà le scarpe… e molto volentieri gliele metteresti in bocca con un calcio, quando tuo marito dopo 35 anni di matrimonio ancora ti chiede dove è la sua roba o … e chi più ne ha più ne metta, allora esce quello che realmente siamo: assassini, ladri, adulteri, e.. ecc. .. ecc.. poi tra il dire e il fare… qui entra in ballo educazione, religione, etica, ma da quando ho preso coscienza di questo, che il peccato originale era anche in me, ho smesso di giudicare … Peccato!! era più divertente …anche se mi ritrovo a capire più le persone ora.
Tu, cara tea, mi giustifichi con troppa facilità… che è il pezzetto di carta messo dove non deve andare alla radice di ogni male: e soprattutto lo è il sapere che lì non ci deve andare, e mettercelo lo stesso… 😉
Sempre caro Prof, ma questo è buon manierismo, se così si può dire, per capire è come il buonismo, il finto buono insomma, (a parte che ho dovuto rileggere la sua frase tre volte perchè non capivo, mia ignoranza, ho solo un attestato di segretaria di azienda) poi ho capito quello che voleva dire, ma ritengo sempre che queste “doverosità” (me la conceda perchè non so come chiamarla) servono a scaricare degli obblighi cui siamo messi ogni giorno, insomma sono le nostre piccole trasgressioni, che è giusto e civile insegnare e contemplare e se poi qualche volta ci scappano e vabbè!!!
Ma sì, non mi sono autodenunciato… E comunque se l’hai dovuta leggere tre volte è perché era scritta assai male… 😉
Bravo Scorfano. Penso che Gabriele si sbagli clamorosamente. Penso che sia sbagliato obbligarci a scrivere in un determinato modo, beato saggio breve, ma penso che sia corretto darci delle tracce. Penso che il lavoro in un tema di italiano sia anche nell’applicare la propria “scrittura” a strade imposte da altri. Penso anche che se Gabriele potesse scegliere di cosa parlare, poi, in fin dei conti, non farebbe un gran lavoro. Non ho proprio idea di chi sia Gabriele, ma pur ammettendo che sia un talento della scrittura, ha 20 anni e deve ancora imparare molto. Certo, la scuola è da riformare, è chiaro… Ma non è da buttare tutta nella spazzatura, generica.
Magari buttiamo qualcuno nel vetro, però. Che ci scappa qualche taglio di sicuro…
A me pare che del peccato originale ne risentisse, e parecchio, colui o colei che si è inventato le tipologie dei temi per la maturità. L’espressione “saggio breve” evoca un inequivocabile sentore di zolfo.