Mi sembra fin troppo ovvio che il problema sia l’autobus. E trovo giusto che sia così e non mi pare per niente un dettaglio. Perché è proprio l’autobus che segna la linea di confine tra il convincermi di una cosa buona e giusta (il che può benissimo riuscire a fare un blog o un giornale o un mio amico o un mio nemico) e il cercare invece di assicurarsi con uno slogan pubblicitario la mia adesione a un’idea (qualsiasi idea). Non si tratta mica di difendere le proprie convinzioni immutabili e/o eroiche; si tratta invece del fatto che fare proseliti significa “cercare aderenti”, mentre il provare a convincere con buone ragioni e buoni mezzi è un’altra cosa. E infatti la questione è soprattutto quella del mezzo, cioè l’autobus in questo caso, lo slogan, e quindi il tramite attraverso cui si opera tale tentativo di convincimento, che è assolutamente decisivo. Perché il mezzo determina l’obiettivo, e lo snatura se è un mezzo inadatto, e anche se l’obiettivo era cosa degna e nobile perde tanto della sua nobiltà e dignità a causa del mezzo inopportuno con cui si è cercato di raggiungerlo. Lì sta, secondo me, la differenza tra pura propaganda e autentica argomentazione, tra banale pubblicità (appunto) e sanissimo desiderio di attentare alle mie convinzioni.
(auto)mezzi e proselitismo
14/01/2009 di lo scorfano
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