Proprio perché sono uno che di economia ci capisce un beatissimo nulla, sono sempre andato a caccia di qualche semplificazione che mi aiutasse un po’ a comprendere che cosa sta accadendo nel mondo e in Italia, perché c’è la crisi, che cosa significa questa crisi, se farò in tempo ad accorgermene prima che sia troppo tardi (devo ammetterlo: per me, infatti, da quando c’è la crisi, non è cambiato niente, se non che qualche mio amico è un po’ in difficoltà al lavoro e il prezzo della benzina è sceso).
Ieri ho letto l’articolo di Luca Ricolfi sulla Stampa; e ho creduto di capire un po’ di questioni (relative all’inflazione, per esempio). Per cui ve ne lascio alcuni ampi estratti; magari vi incuriosce a e andate a leggervelo anche voi. E poi mi dite, quelli che ne capiscono infinitamente più di me, se è uno scenario verosimile o no, benché semplificato, quello raccontato da Ricolfi:
Finora la crisi ha attraversato tre fasi fondamentali. La prima è durata circa un anno, dall’estate del 2007 (crisi dei mutui subprime) alla primavera del 2008. (…)
La seconda fase inizia intorno alla metà del 2008, e questa volta investe pesantemente l’economia reale. Ora ad essere colpito è direttamente l’apparato produttivo del Paese, con la caduta della produzione industriale, la chiusura di fabbriche e altre attività economiche, il calo dell’occupazione dipendente e indipendente, la disoccupazione che aumenta, il numero di ore di cassa integrazione che esplode. Contrariamente a quanto si è spesso detto e scritto, tuttavia, questo non è ancora un periodo drammatico per la maggior parte delle famiglie. (…)
A che cosa si deve questa apparente stranezza? Essenzialmente all’azione di due meccanismi. Primo: fra l’estate dell’anno scorso e l’inizio di quest’anno, per la prima volta da mezzo secolo (correva l’anno 1959), i prezzi anziché salire scendono, con conseguente aumento del potere d’acquisto delle famiglie e riduzione del numero di famiglie in difficoltà. Secondo: alcuni provvedimenti del governo, come la social card, attenuano gli effetti della crisi, specie nel Mezzogiorno. (…)
Ora però, ahimé, siamo entrati nella terza fase della crisi. Da febbraio di quest’anno i prezzi hanno ricominciato a salire, e l’inflazione sembra bassa solo perché i confronti vengono fatti con i prezzi di dodici mesi fa, anziché con quelli dell’inizio dell’anno. L’occupazione continua a scendere, specie nel caso dei lavoratori meno protetti, ma ora l’andamento generale dei prezzi non è più in grado di attutire il colpo. (…)
Fin qui quelli che, almeno a me, paiono i dati di fondo della crisi. Quanto alle prospettive, ognuno ha la sua visione, forse frutto più delle proprie personali cecità che delle proprie conoscenze. La mia è questa: poiché nessuno sta veramente provvedendo al dopo, l’Italia che uscirà dalla crisi sarà forse un tantino meno diseguale, perché la crisi colpisce (relativamente) più i ricchi che i poveri, più il Nord che il Sud; ma sarà anche più povera, perché senza il coraggio di riforme incisive, talora dolorose, il tempo che ci attende è un tempo di crescita zero. Forse una grande conquista per i Verdi e gli ideologi della «decrescita felice», ma una ben triste prospettiva per chi già ora fatica a sbarcare il lunario.
Forse un qualche lume potrebbe venire dalle proiezioni OCSE.
Il Pil della Cina viene rivisto al rialzo a 7,7% nel 2009 dalla precedente stima del 6,3% di fine marzo, mentre nel 2010 l’economia cinese dovrebbe crescere del 9,3%, più dell’8,5% inizialmente indicato.
Quanto all’India la crescita economica dovrebbe mettere a segno nel 2009 un +5,9% dal precedente +4,3% e nel 2010 un +7,2% da +5,8%.
Al contrario delle economie occidentali, di quella italiana in particolare, i cui dati sono rivisti costantemente al ribasso ( -5,5% per il 2009, contro il -2% previsto a febbraio)
Forse sta capitando qualcosa di irreversibile, tipo lo spostamento dell’asse economico dall’altra parte del mondo.
Capisco questi numeri e immagino siano preoccupanti. E’ quello che potrebbe capitare in concreto a me (scusate l’egoismo) che continua a sfuggirmi.
Che il tuo stipendio non ti consentirà più di comprare ciò che ci compravi prima che lo spostamento avesse luogo.
Grazie per la bella notizia… 😉
condivido l’incomprensone dell’universale concetto di economia, e il particolare concreto (per me) di crisi dato che faccio da sempre i conti con lo stipendio e devo sempre rinunciare a qualcosa, poca roba s’intende mi alimento sempre e molto bene.
Non riesco ad immagnare cosa succederà, credo che le leggi del mercato mondiali riserveranno sorprese a noi scomode: oriente contro occidente? boh…
Probabilmente anche tu, come me, dovrai rinunciare a qualcosa di più. Probabailmente ce ne saranno altri che non dovranno rinunciare a molto. Pazienza.
Banale dirlo ma non per questo necessariamente sbagliato: l’Italia è investita da tempo da una fase di crisi e ristrutturazione del mercato del lavoro che mette in discussione i privilegi e il benessere acquisito; secondariamente rimaniamo anche in questi frangenti il paese più risparmioso e anche meno esposto verso l’estero. Quindi il contraccolpo della crisi si sta facendo sentire diluito nel tempo e lo sprofondare improvviso degli altri campioni stranieri dà una mano di bianco sulla percezione dei nostri problemi.
Esempio concreto: per molti di noi il precariato è una condizione cronica e pacifica e anche nei momenti relativamente più felici dai per scontati una serie di elementi che sono ormai la norma. Contratti a progetto, ritmi di lavoro sostenuto, esperienze discontinue, scarsa capacità contrattuale.
Questo non spiega tutto, ma io tirerei anche nel mucchio delle considerazioni che la “crisi” prima dello scoppio della crisi mondiale era un argomento di confronto quotidiano, seguito e trattato; oggi i quotidiani nel generale clima di abdicazione seguito alle vittorie del centrodestra mi sembra che subiscano in pieno la soggezione psicologica rispetto a questa maggioranza intimidente e quindi attenuino la narrazione dello stato reale delle cose, conformemente a quanto gli viene richiesto.
Sulla cronologia proposta da Ricolfi ci sarebbe da controllare. Io ricordo un chiaro aumento percepito dei prezzi poco più di un anno fà (inflazione percepita! ecco un’altra missing in action). E inforcando il populistico battipanni della massaia, consiglierei al nostro editorialista di fare un giro nei market a guardare gli scaffali dei prodotti in offerta svuotati nel giro di qualche ora o la gente che nei corridoi si imbosca la merce.
prima mi preoccupavo di non aver più soldi per comprarmi un libro e mi consolavo pensando alle biblioteche, ora la mia paura è che con la scusa di “riforme incisive, talora dolorose”, ci tolgano l’assistenza sanitaria garantita.
non la date per scontata, la dovremo difendere.
[…] Articolo Originale: la crisi economica per me, che non ho mai capito che cosa sia… Author: raffaele 06 28th, 2009 in Banche, Mutui, Prestiti, Statistiche, Tasse […]
Guarda: non commento per ora l’articolo del ricolfi, che mi sembra criticabile in ben più di un punto (ma l’argomentarlo mi prenderebbe ora una notevole quantità di tempo, di cui non dispongo).
Te ne cito però un altro, del medesimo autore.
Ho letto.
Non condivido quasi nulla di quello che dice, come puoi immaginare. E credo che nel frattempo l’esplicitarsi delle politiche scolastiche della Gelmini gli abbia dato ampiamente torto. Come gli danno torto i dati Invalsi e Ocse, per quel che valgono in questo campo (benché lui li maneggi un po’ con disinvoltura).
Però è argomento assai diverso dalla crisi economica. Che io continuo a non comprendere (a parte quel che mi hanno scritto fma e tonino, che ho capito); non può avere alcun valore statistico ma, nel mio egoistico privato, io ho assistito finora a una minima rivalutazione del mio minimo stipendio. Cioè, per ora, mi tocca dare ragione a Brunetta, che sai bene quanto io trovi insopportabile.
E’ quel per ora che mi spaventa.
😦
Perchè continuare a produrre auto quando in ogni città è ormai impossibile utilizzarla e si pagano i balzelli delle isole blu anche per lasciarle ferme?
Perchè continuare a specializzare intere provincie ( Verona – vedi REPORT RAI 3) del paese nella produzione di polli artificiali con immenso dispendio ecologico e qualità scarsa nonché cattiva vita degli animali quando sarebbe molto più efficace ed è anche più salutare andare dal contadino vicino a casa per accedere ad una produzione ortofrutticola e aviaria ( e anche il latte lo si può trovare così come olio e via dicendo) salutare e ad un pezzo equo senza bisogno di trasportare da Nord a Sud polli con evidente spreco di idrocarburi?
Perchè globalizzare l’economia? E’ molto + salutare e semplice scambiare le idee e i progetti e produrli in loco… questo è il concetto che sta alla base dei software liberi ESEMPI: Open Office – Ubuntu linux … solo per citarne alcuni… è applicabile anche ai prodotti reali; bisogna solo dare il giusto peso alla globalità del mercato e al know how che si intende condividere.
Se poi vogliamo andare su cose più difficili da capire, per chi non ne capisce di economia come noi, possiamo anche discutere di “Signoraggio bancario” (basta cercare su google e si viene investiti da una enorme quantità di materiale, fra i tanti segnalo Eugenio Benetazzo che spiega in modo chiaro ed efficace la teoria e aimé… molto pratica… che fa accapponare la pelle al solo pensiero).
Insomma a mio avviso per non essere colpiti dalla crisi si deve uscire dal cerchio economico ufficiale ed entrare nel campo del commercio equo e solidale perchè se si sta a seguire chi governa il risultato è che sembra che aiutino gli operai ma in effetti aiutano i signori della Fiat ad incrementare e mantenere il loro potere e ci porteranno ad una crisi ecologica che porterà alla fine del mondo che conosciamo per asfissia del pianeta. E meno male che quel giorno arriverànon troppo tardi, poichè cosi il nostro beneamato pianeta potrà ricreare un novello equilibrio che andrà di nuovo verso la destabilizzazione in continue fasi di alternanza fino al collasso della nostra stella… insomma questa è la vita e badate che lo dico con grande ottimismo!
Mi fa piacere che Luca Ricolfi, Professore straordinario (LOLWUT?) di Metodologia della ricerca psicosociale, dopo avere verificato il raggiungimento delle promesse berlusconiane del Contratto con gli Italiani, ora si dedichi all’economia.
Certo però che se afferma che la crisi non è così grave, che colpisce di più i ricchi e che dalla crisi uscirà un’Italia più giusta, mi viene qualche dubbio sul suo rigore scientifico.
Come sempre mi trovo a disagio quando si tratta di confutare affermazioni apodittiche: perché è molto semplice farle, mentre confutarle richiede dimostrazioni, e quindi un bagaglio tecnico che bisogna assumere il lettore medio non possegga.
Oltretutto neppur io sono un economista (in questo almeno condivido qualcosa con il Ricolfi), e quindi, quando parlo di temi che non padroneggio sufficientemente, mi serve una enorme quantità di tempo per verificare le mie affermazioni: il che in un commento è impossibile.
Provo comunque a inanellare una serie di spunti, apodittici quali quelli del Ricolfi, per par condicio
– affermare che nel 2007 ci sia stata una crisi di natura finanziaria mi fa pensare che il Ricolfi ritenga che un batiscafo e un elicottero siano la medesima cosa, dato che entrambi tendono ad allontanarsi dallo zero altimetrico. Nel 2007 si è verificata una stretta creditizia dovuta all’insolvenza delle famiglie, a sua volta generata dall’interruzione della crescita del mercato immobiliare USA;
– si tratta di un fenomeno che ha interessato anche la Gran Bretagna, ma molto meno i paesi dell’area Euro, sia per le differenti normative di vigilanza del sistema finanziario, sia per la diversa tecnicalità bancaria, sia per il ruolo calmieratore della BCE, la quale ha come compito statutario *precipuo* la difesa dall’inflazione;
– tanto che al primo manifestarsi di fenomeni di aumento dei prezzi BCE ha pensato bene di dare subito un’ulteriore stretta alle economie continentali, dimostrando la stessa lungimiranza di Topolino quale apprendista stregone;
– nel settembre 2008, in una situazione ancora espansiva ed inflattiva, checché ne dica il Ricolfi, si è verificata la vera crisi finanziaria, quella dovuta all’insolvenza delle banche USA sottocapitalizzate e fortemente esposte in derivati (poi, a posteriori, possiamo ora affermare che anche quella di Lehman Brothers non era una crisi d’insolvenza bensì di liquidità, quindi evitabile);
<segue>
– sulla parte relativa ai benefici dei prezzi decrescenti e della social card, preferirei stendere un velo pietoso: forse per Ricolfi l’unico prezzo che conta è quello del carburante, perché egli è in realtà un robot che vive di benzina? Se veramente il calmiere che ha potuto compensare la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavor precari fosse la dimuinuzione dei prezzi, saremmo caduti in una spirale deflattiva che in Italia ci avrebbe riportati ai livelli dell’economia giolittiana, con gli operosi buoi ad arare i campi e un solo lettone per le famiglie di dieci figli. Quanto alla social card, si tratta di 26 milioni di euri al mese, grosso modo equivalente a quanto si spende in un giorno in lotterie;
– «poiché la soglia di reddito per accedere è uguale in tutto il territorio nazionale, ma al Sud i prezzi sono più bassi, il numero di “veri poveri” raggiunto è molto più alto al Sud»: temo che Ricolfi non sappia distinguere tra prezzi e redditi, ahilui; il successivo «con significativi effetti di riduzione della diseguaglianza» (per 40 euri/mese?!?!?); mi ispira solo un: “Ma mi faccia il piacere!”;
– veniamo alla terza parte: “Da febbraio di quest’anno i prezzi hanno ricominciato a salire”. Di nuovo, ma che minchia mangia, ‘sto Ricolfi: cherosene? Ma come caspita fai a confondere la dinamica dei prezzi con la dinamica del prezzo della benzina?
Chiariamo bene una cosa: adesso stiamo rischiando di entrare in un periodo deflattivo. Il tasso BCE è all’1%, con probabilità di ulteriore discesa, e alla BCE saono talmente tedeschi nell’interpretare il loro compito di lotta all’inflazione che se ci fosse anche solo una sola nuvoletta minuscola e fantozziana all’orizzonte di un cielo limidamente terso, come quello di lombardia quando è bello, sibito tirerebbero su i tassi in spregio a qualinque considerazione di natura sociale.
Guardate: il meccanismo è semplice: se la gente rimane senza lavoro ha meno soldi; se ha meno soldi consuma meno; se consuma meno i prezzi non salgono.
La stagflazione degli anni ’70 (cioè crisi produttiva + inflazione) era possibile in un contesto nel quale i lavoratori avevano sia il posto fisso sia i meccanismi di adeguamento salariale automatici; e nel quale i governi alimentavano la spirale inflattiva a vuoto, stampando moneta.
Tutte cose che oggi non ci sono più, dato che, ormai, se si ferma la produzione si perde il lavoro, e i sussidi non sono certo tali da consentire il mantenimento del tenore di vita.
Del resto, tu stesso, Scorfano, parli di una “minima” rivalutazione del tuo misero stipendio: perché fortunatamente è stata proprio minima, e solo su alcuni generi che in precedenza erano particolarmente rincarati.
Una riduzione generalizzata dei prezzi è infatti un fenomeno in grado di ammazzare qualunque economia in breve tempo.
In realtà, come si ha un fenomeno di inflazione percepita, in quanto la mente tende a notare i prezzi che aumentano, si può avere anche lo stesso fenomeno dal lato opposto: quando ci si attende una diminuzione di prezzi si tende a notare proprio quelli che scendono anche di poco.
Rassicurati, comunque, perché la tua è una posizione privilegiata, in quanto dotato di posto di lavoro fisso e senza prole da mantenere: quelli che pagano veramente questa crisi sono coloro che non hanno una fonte di reddito fissa e coloro che, pur avendola, si trovano a dover mantenere i figli che non trovano o perdono il loro lavoro.
Veniamo infine all’ultima affermazione del Ricolfi, degna summa di tutte le altre:
«l’Italia che uscirà dalla crisi sarà forse un tantino meno diseguale, perché la crisi colpisce (relativamente) più i ricchi che i poveri, più il Nord che il Sud».
Ecco: l’affermazione che la crisi colpisce più i ricchi che i poveri, e che ne uscirà un paese più uguale è una enorme, sesquipedale, cazzata.
Anche i muri che il Ricolfi evidentemente gratta per inalarne le polveri sanno che in periodi di crisi economica i ricchi diventano più ricchi e i poveri vanno in miseria. Chi ha danaro può fare incetta di beni e proprietà da chi è costretto a liquidare per pagare i debiti o comperare il pane quotidiano. E’ proprio l’ABC, questo: e se uno non lo capisce, che torni a fare l’Alberoni o il Mannheimer; o ancor meglio vada in miniera, che forse si potrebbe rendere utile a qualcosa.
Confermo che Ricolfi spara parecchie cazzate, che Scorfano ha parzialmente celato con gli omissis.
Ricolfi scrive: “il crollo delle Borse dell’estate di due anni fa ha colpito soprattutto i ceti medio-alti, in quanto detentori di titoli azionari, e le famiglie con un mutuo a tasso variabile, a causa del vertiginoso aumento dei tassi di interesse: fino a questo punto la crisi è soprattutto finanziaria, e i suoi effetti sulle famiglie si manifestano essenzialmente attraverso gli aumenti dei prezzi.”
Ebbene: l’aumento dei tassi d’interesse nella “prima fase” era dovuto al fatto che le banche centrali, specialmente la ECB, mantennero i tassi alti secondo la considerazione che “i fondamentali dell’economia erano sani”. Cioè i tassi salivano proprio perchè nessuno parlava di crisi.
Quanto all’aumento dei prezzi, esso era essenzialmente eterocondotto dall’aumento dei prezzi delle commodities: un altro indicatore che la domanda sollecitata dalla crescita economica dei mercati emergenti sarebbe stata duratura.
Sulla questione “ricchi & poveri” sono propenso a credere che la differenza di vedute sull’argomento tra mfisk e Ricolfi sia in buona parte dovuta ad una questione lessicale. Per Ricolfi “i ricchi” non sono gli ultramiliardari tipo Berlusconi, che non fanno statistica dal punto di vista sociologico, ma quella fascia di liberi professionisti, imprenditori benestanti che avendo investito il proprio capitale sul mercato azionario a causa di quella promessa di “crescita duratura” che era il mantra di tutti gli operatori economici a partire da ECB e IMF, hanno visto il proprio capitale notevolmente ridimensionato. Il ragionamento di mfisk su “in periodi di crisi economica i ricchi diventano più ricchi e i poveri vanno in miseria” parte dall’ipotesi che i ricchi abbiano grandi riserve di liquidità, cosa che poteva essere vera una volta e molto meno oggi.
Al contrario, i poveri di Ricolfi non sono il povero Scorfano, che non si può permettere la Maserati col suo stipendiuccio da insegnante di liceo, ma i poveri del sud che erano in miseria nera già prima della crisi.
Il fatto che i prezzi al sud siano inferiori rispetto al nord non è “complessivamente” vero, ma ha qualche barlume di verità per quel che riguarda l’acquisto di beni e servizi che interessano i poveri. Per intenderci: il prezzo di un iPhone è uguale a Caserta e a Novara, ma comunque un povero non si può permettere un iPhone. D’altro canto un affitto di un monolocale in periferia a Caserta costa mediamente meno che a Novara (passatemi gli esempi ipotetici).
Così succede che la condizione già pessima del povero nullatenente di Caserta che vive con altri 6 familiari grazie alla pensione della nonna si aggrava percentualmente meno (anche grazie a quei 40 Euro al mese di carità) rispetto al dentista di Novara che in un anno ha visto quasi dimezzare il proprio portafoglio titoli e deve disinvestire parte di ciò che resta per far fronte al suo alto tenore di vita nonostante la riduzione delle entrate derivanti dalla propria professione.
@Giacomo: sono certo che il Ricolfi intendeva quello (hai mai pensato di far l’avvocato difensore? :-)))
Sta di fatto che ciò è nondimeno una cazzata, per due motivi.
Il primo, è che “ricco” e “povero” non sono categorie sociologiche, come il professore di metodologie psicosociali insiste a credere: quando si parla di economia, “ricco” è chi ha molto patrimonio, cioè molti più beni che debiti, e “povero” è chi ne ha molto poco, o addirittura ha molti più debiti che beni.
“Ricco” non è né chi si sente ricco né chi si atteggia a ricco: ricco è chi è ricco. E chi è ricco, se ha male investito, può diventare povero pur continuando a sentirsi ricco o ad atteggiarsi a ricco, con buona pace del rilevatore alla Giampaolo Fabris (o alla Ricolfi), che lavora con categorie che sono molto utili per vendere i Tronchetti Bauli, ma non per governare o anche solo comprendere le crisi economiche
Ciò detto, anche ipotizzando che il lume della ragione del Ricolfi gli abbia fatto obliterare i riferimenti temporali, e che egli volesse dire che “chi partiva ricco si impoverisce più di quanto si impoverisca chi partiva povero”, anche queste sono minchiate galattiche.
A a tempo zero, cioè pre-crisi, c’erano ricchi-ricchi che avevano investito tutto in azioni dell’ENI e altri ricchi-ricchi che avevano tutto in liquidità. I primi sono diventati molto più poveri e i secondi molto più ricchi (perché con quella liquidità sono stati in grado di fare affari che il Ricolfi manco si immagina che possano esistere, dato che non si tratta di commercializzazione di panettoni o creme solari).
Allo stesso modo in cui c’erano dei poveretti (categoria sociologica che ricomprende gli insegnanti liceali e i bancari) che avevano quei duecento euri in più investiti in azioni dell’ENEL, altri che ce li avevano sul conto corrente in banca.
Ed essi hanno subito la crisi esattamente come i ricchi-ricchi, da un punto di vista meramente proporzionale; con la differenza che il ricco-ricco che ha visto dimezzare il suo patrimonio, al posto di due barche se ne potrà permettere ora solo una; mentre il poveretto al posto di due bistecche alla settimana se ne potrà comprare solo una.
Dal punto di vista della metodologia statistica, l’effetto è lo stesso, ma dal punto di vista del mero buon senso chi lo scrive merita un calcio nel culo.
Vi ringrazio tutti e due delle vostre analisi, che non sarei stato capace nemmeno di iniziare. Il quadro mi si è chiarito anche se, naturalmente, rimango sempre esterefatto davanti alle interpretazioni molteplici dell’evento. La cosa che ho capito meglio è che le dinamiche della crisi sono talmente complesse che nessuno ha una ricetta infallibile. E poi ho anche capito che Ricolfi non si deve occupare di economia.
Un buon economista è un economista che sa di non sapere cosa succederà.
Non ci sono buoni economisti.
Un buon economista è Socrate.
Il dentista di Novara che ha investito tutto in borsa, quando vede che il proprio capitale si è dimezzato e che i clienti cominciano a scarseggiare, cosa fa? Licenzia l’ultima arrivata assistente alla sedia.
Chi sta peggio? il dentista ricco o l’assistente povera?
A dispetto della crisi c’è un mestiere che ha futuro: l’avallatore scientifico di frottole governative
Il dentista di Novara che ha investito tutto in borsa è stato anche un po’ un coglione, a dirla tutta bene… (certo, poi la sua coglionaggine la paga un altro, questo sì).
come al solito tutti quanti a pensare che dopo la crisi nulla sarà come prima dovremo rinunciare a questo a quello…
invece il mondo gira sempre allo stesso modo dalla grande crisi del 1870 si è passati agli anni di ripresa con il finire
dei famosi anni ruggenti 1920, poi la grande crisi del 1929
a seguire i vari miracoli economici…
e adesso non cambia nulla nel 2011 ci srà la ripresa
(forse anche prima) e noi tutti dietro alla grande finanza mondiale a seguire come pecore al pascolo.
inflazione:
certo è che il signoraggio che stanno facendo gli Usa
e il regno unito può essere per una seconda weimar…
chiaro che cè in giro una liquidità enorme .
domanda se oggi un kg di zucchero costa un euro; domani ne costa 2; venerdi ne costa 4 cosa fate?
tenete i soldi in banca oppure correte a cambiarli con i
beni materiali?
lo sapevate che in germania al tempo della grande inflazione
il prezzo in un ristorante poteva raddoppiare durante il pasto stesso? e le offerete in chiesa si raccoglievano con i cesti della biancheria?
certo è strano che oggi come allora il virus h1n1 sia presente
chi è che ha messo in giro il virus mutante?
ops volevo dire come mai è ricomparso il virus
SARA’ IL FREDDO….
mah prepariamoci ad un autunno piuttosto pesante
dal punto di vista della salute.
certe case farmaceutiche/azionisti invece si preparino ad incassare molto cash.
bye bye
co2
Quotes from “Wall Street” Movie, 1987, 20th Century Fox, written by Stanley Weiser & Oliver Stone.
Bud Fox: “How much is enough?”
Gordon Gekko: “It’s not a question of enough, pal. It’s a zero sum game, somebody wins, somebody loses. Money itself isn’t lost or made, it’s simply transferred from one perception to another.”
Faccio pure io il prof di italiano. Mi son posto la domanda dell’economia. Ti consiglio questo libro (il mio blog è un po’ esoterico).
http://www.usemlab.com/index.php?page=shop.product_details&flypage=flypage.tpl&product_id=34&category_id=1&option=com_virtuemart&Itemid=1
carino il blog