Per motivi personali (come si dice nelle giustificazioni a scuola) il blog rimarrà del tutto silente per qualche mese, non so quanti. Grazie a quelli che hanno letto e/o commentato in queste settimane e mi hanno aiutato a capire. Mi mancherete un po’. Ciao.
Ho fatto lavori di redazione per una decina di case editrici, nel frattempo. Ho rivisto traduzioni. Ho scritto dozzine e dozzine di risvolti di copertina, nel frattempo. E ho pensato a quanta gente avrà nel frattempo comprato o non comprato un libro a causa di qualche mia parola, messa bene o messa male in quel risvolto di copertina, anticipata o ritardata di qualche riga. Le poche righe che a volte fanno la differenza tra il comprare e il non comprare.
Ho rivisto e corretto traduzioni, nel frattempo. Ho redatto centinaia, forse migliaia, di schede di lettura per gli editori e i librai di tutto il nord Italia (si chiama “copertinario” e pochi sanno che esiste; ma è uno degli impegni più gravosi, in una casa editrice). Ho scritto cataloghi e sinossi, nel frattempo. Ho compilato a mano decine di indici, a volte con migliaia di nomi e di citazioni; ho fatto pasticci e mi sono dovuto scusare. Continua a leggere »
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(di Gionata)
Dico che lavoro in una libreria di un centro commerciale e allora sempre, o quasi sempre, mi sento dire: “Che bello lavorare in una libreria, stai in mezzo ai libri”. Vorrei dire che “in mezzo” non ha alcun significato e che “libri” significa “scopa”, “sedia”, “televisore”. Lavoro in una libreria e sempre più spesso l’impressione del giorno che passa, che toglie cifra alla lista dei giorni, è che non mi sembra neppure di avere a che fare con i libri. Lavoro in una libreria e sono commesso di questo secolo (questo mi fa simile a voi) per dare affitto, per avere benzina e presenza al supermercato della zona. Gli extracomunitari portano i bancali e io firmo bolle, ricevute, afferro taglierini, apro e sviscero contenitori. La mia (questo ancora mi fa simile a voi) è presenza sul campo, è posizione stabilita dall’orario della settimana. Dalla mia libreria guardo fuori e vedo le commesse che di notte hanno pianto. Le commesse che, come me, di notte hanno sognato ancora una volta le briciole rimaste sul tavolo, il fondo del bicchiere, la fetta avanzata. La nostra è sorte mossa dal mercato e il mercato, questo io sogno ancora nelle notti fredde e lunghe, amputa l’anima. Continua a leggere »
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Educazione fisica da quest’anno vale come materia, e il suo voto fa media con le altre.
Non so se queste sono parole del ministro o dell’articolista della Stampa (e comunque complimenti per l’italiano); in ogni caso il voto di educazione fisica viene conteggiato nella media complessiva dei voti da sempre. Per precisare, ecco.
Tra le novità, per la prima volta, verrà segnalato al genitore con un sms quando l’alunno non sarà presente in classe.
Nel rinnovare i complimenti per l’italiano, faccio notare che non verrà segnalato. Come da comunicato ministeriale, infatti, le scuole, autonomamente, potranno segnalare l’assenza. E non ci sono i soldi; e nemmeno accordi con le compagnie telefoniche. Sempre per precisare, insomma.
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Cosa deve pensare un prof di italiano quando scopre che due dei suoi migliori alunni di sempre (sul serio), dopo una laurea in lettere uno e dopo una quasi-laurea in giurisprudenza l’altro, hanno abbandonato la cultura accademica e hanno aperto un ristorante?
Non lo so, cosa deve pensare. Io, personalmente, non ho pensato niente e sono andato a mangiare da loro. E li ho trovati in forma, affacendati in un locale in cui c’è pure un salottino con i libri da leggere e ho mangiato (e bevuto) alla grande… Insomma, sono stato così bene che ho anche promesso loro (dopo avere copiosamente attinto alla loro cantina, e quindi non del tutto in pieno possesso delle mie già scarse facoltà mentali) di scrivere qui che il luogo vale la pena di una deviazione. E quindi, se a qualcuno capitasse di passare vicino a Orzinuovi, provincia di Brescia, potrebbe pensare seriamente di andare a cena al “XVI secolo”, in località Pudiano.
Loro dicono che fanno anche lo “sconto scorfano”, a chi si presenta a nome del blog; ma io non mi fiderei tanto, visto il tipo di studenti che erano…
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Spero che questa notizia non passi ai quotidiani nazionali (è già successo che da questo sito le notizie siano arrivate tali e quali a qualche megaquotidiano on line); o almeno spero che, se proprio deve passarci, abbia la buona sorte di incontrare un titolista un po’ più attento e preciso e un redattore non proprio assonnato.
Perché il titolo originale è piuttosto allarmante:
Sei studenti su dieci hanno pregiudizi nei confronti di rom, gay e disabili
E anche l’articolo lo sarebbe, se non fosse che, anche solo a una prima lettura, si capisce immediatamente che c’è qualcosa che non quadra. Continua a leggere »
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L’ultima ora è, per naturale e tautologica definizione, un’ultima ora. Il che prevede ragazzi stanchi, professori altrettanto stanchi, aula calda, puzza di sudore, fatica; e anche penne che cadono ogni due o tre minuti, sguardi stravolti, qualche risatina, distrazione più o meno generalizzata, attesa spasmodica del suono della campanella, estrema difficoltà nel fare lezione, qualunque tipo di lezione.
Oggi, all’ultima ora, studiamo un po’ di storia. Parliamo delle difficoltà che l’impero di Roma ha sempre avuto in Palestina, della riottosità di quelle popolazioni, delle sanguinose repressioni del I secolo d.C. da parte degli imperatori Vespasiano e Tito. Poi studiamo anche la distruzione del tempio di Salomone ad opera dell’esercito romano e del Muro del pianto, unico vestigio che ne rimane.
Provo, in poche parole, a spiegare loro la difficoltà che ebbero i romani ad accettare religioni come quelle ebraica e cristiana, il loro monoteismo. Continua a leggere »
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Ieri sera ero fuori con i soliti due amici. Abbiamo mangiato le solite tre pizze e abbiamo fatto la solita cosa che facciamo in tre (che non ha nulla a che vedere con il sesso, si sa). Poi, a un certo punto, uno di loro due è andato a dare un’occhiata alla homepage di Repubblica, è tornato con l’aria visibilmente alterata e ha detto: «Berlusconi ha detto che anche Michelle Obama è abbronzata… Quanto mi fa incazzare, quanto mi fa incazzare, non lo sopporto più!»
Io non ho detto niente. Sono tornato a casa piuttosto tardi, avevo sonno e non ho guardato nessuna notizia. Poi stamattina ho lavorato e non ho guardato nessuna notizia. Poi ho pranzato. E finalmente, dopo pranzo, ho avuto il tempo di leggere un po’ di articoli e ho capito che era indubbiamente vero: Berlusconi ha detto che Michelle Obama è una donna abbronzata, l’ho letto anch’io, era proprio vero.
Ma non ho letto solo quello, però.
Ho letto anche che c’è stata un’ovazione per Vittori Feltri, per esempio. Continua a leggere »
Pubblicato su i post degli altri, il giornalaio | Contrassegnato da tag berlusconi, berlusconi ha detto che michelle obama è abbronzata, la satira contro berlusconi, le brutte figure di berlusconi, scandalizzarsi per colpa di berlusconi, sconfiggere berlusconi | 27 Comments »
«La gente felice non consuma», dice Umberto Galimberti, citando Frédéric Beigbeder. E mi sa che anch’io, molto più modestamente, sono quasi d’accordo con loro.
Ma quindi, se la logica è logica, diventa necessario, nella società dei consumi, che la gente sia infelice. Non vedo altra soluzione; non vedo proprio altro.
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Leggo il primo capitolo dei Promessi sposi, in classe. Fa sempre effetto la questione delle “gride”: le leggi che ci sono ma non vengono rispettate; le leggi che minacciano e le minacce a cui non segue nulla; è una questione che provoca domande e riflessioni anche sull’oggi. Però è molto difficile che i ragazzi riescano a cogliere la beffarda ironia che sta dietro il lungo elenco dei nomi e dei titoli nobiliari dei promulgatori delle leggi; è un’ironia contro il potere, in tutte le sue forme, ma è un’ironia troppo adulta per loro, e a quindici anni si preferiscono le cose più serie. Gliela faccio notare, ci provo; dico loro: «Questa è l’ironia di Manzoni». Ma loro mi guardano e scrivono sul loro quaderno degli appunti «ironia di Manzoni», ma si vede benissimo che, tranne forse un paio, non capiscono quel che significhi.
Poi arriva Don Abbondio e invece ridono tutti. Prendo tre ragazzi e faccio loro recitare la scena del viottolo e dell’incontro con i “bravi”: Giorgio è Don Abbondio, Tiziano e Federico, con atteggiamento truce che viene loro benissimo, sono gli sgherri che devono spaventarlo. Seduti al loro posti tutti gli altri studenti della classe li guardano e ridono. Continua a leggere »
Pubblicato su cronache scolastiche | Contrassegnato da tag don abbondio, don abbondio nei promessi sposi, il primo capitolo dei promessi sposi, il riso come esorcismo, in seconda, pessimismo e fastidio, promessi sposi, ridere della debolezza, ritratto di don abbondio, scuola | 36 Comments »
Che i ragni neri avessero qualcosa a che fare con la metafisica, io lo avevo sostenuto in tempi non sospetti. Da ieri, dopo il discorso di Benedetto XVI a Praga, i tempi debbono considerarsi sospetti.
(segnalato da Fabristol)
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(di Gionata)
Ricordo che a una certa ora in fondo al cortile cinque o sei donne cominciavano a pregare.
Ero piccolo quando aggrappato alla ringhiera del balcone le sentivo balbettare sillabe appartenenti a una litania e a una musica interiore. Erano i giorni in cui i miei genitori, con i nonni, condivano con il pesto. Allora io me ne stavo in balcone perché non ne sopportavo l’odore. E le sentivo pregare e le vedevo con la testa china snocciolare il rosario. Quelle visioni dall’alto del balcone hanno suggerito una dimensione del sacro che ancora oggi ritrovo in certe occasioni, alla presenza di un’immagine, di un suono o di altro incastro quotidiano. E l’occasione si è ripresentata, sempre riportandomi ai quei minuti che sanno di pesto e preghiera, con una canzone di Yamin Levy, La alegria. Poi è venuta la scoperta di tutto il resto.
Il flamenco, i suoni del medio oriente, lo stile che ha il passo di una preghiera o di una ballata e, infine, anche se la sensazione è che non ci sia mai fine, il ladino come lingua per dire. Continua a leggere »
Pubblicato su musica | Contrassegnato da tag la juderia, ladino, mano suave, musica, romance e yasmin, yasmin levy | 13 Comments »
Oggi, sulle prestigiose colonne del Giornale, in un articolo intitolato, con evidente sprezzo del ridicolo, Feltri risponde alle santorate, Vittorio Feltri replica alle accuse che, tramite le telecamere di Annozero, Filippo Facci gli aveva rivolto in modo piuttosto diretto:
L’esimio editorialista profitta della telecamera per sfogarsi. Dice di me alcune falsità. Addirittura che sarei stato licenzito nel 1997 da Berlusconi. E che avrei chiesto scusa a Di Pietro. Due balle. Più una grave omissione. Alcuni mesi fa, con la mediazione di mio figlio Mattia, Facci ottiene di farmi visita a Libero.
Imbarazzato, si siede e ammette: la causa che mi hai fatto vedrà te quale vincitore.
Verissimo. E allora?
Non ho soldi, me la abbuoni. Continua a leggere »
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(Tornano, a gentile richiesta, i piccoli appunti su Dante; è stupefacente, lo so, ma ci sono state effettivamente un paio di gentili richieste…)
Il canto di Ulisse è talmente noto e famoso che pare superfluo farne un riassunto. Perché Ulisse è uno dei più grandi personaggi infernali e il suo lungo monologo è uno degli squarci più abbaglianti della storia della poesia occidentale. Ulisse, quindi, parte: perché Itaca non basta, l’amore non basta, la felicità non basta, il potere non basta: Ulisse si muove verso l’ignoto, oltre le colonne d’Ercole, oltre il limite stabilito alla conoscenza umana. Ulisse giunge fino a scorgere il profilo bruno della montagna del Purgatorio… Poi un turbine improvviso scende su di lui e la nave di Ulisse e dei suoi pochi compagni sprofonda. «Com’altrui piacque».
Ma il viaggio di Ulisse, freccia lanciata al di là di tutti i confini possibili, non è solo il viaggio dell’uomo che sfida i limiti impostigli dalla sua finitezza, e che dunque sfida Dio; non nell’ambito complessivo della Commedia dantesca. Il viaggio di Ulisse, «folle volo», è anche controcanto terribile al viaggio dantesco: stessa meta, stessa ansia di libertà, stesso desiderio di fare «esperienza» e di «seguir virtute e canoscenza». Continua a leggere »
Pubblicato su noterelle dantesche | Contrassegnato da tag dante, divina commedia, il canto di ulisse, il viaggio di ulisse e il viaggio di dante, la figura di ulisse nell'inferno dantesco, la partenza di ulisse e la partenza di dante, letteratura, poesia, sfidare dio, un'analisi del canto di ulisse | 38 Comments »
L’altra sera, mentre guardavo Annozero, pensavo che io non ci credo mica a questa cosa della libertà di informazione che in Italia non ci sarebbe. Pensavo che sui giornali italiani si parla di tutto in realtà; e che si può parlare di tutto, anche qui, sui blog e sulla rete. E che c’è anche Il fatto di Travaglio e Padellaro, adesso, se uno vuole proprio essere certo di non perdersi nulla.
E l’altra sera, sempre guardando Annozero, pensavo che la trasmissione, in realtà, non mi piaceva affatto: con la De Gregorio che diceva due sciocchezze sulla causa intentata al suo giornale; con Belpietro che la zittiva e poi le diceva che forse una prostituta è probabilmente più «brillante» di lei; con Franceschini che non era in grado di difendere l’indifendibile D’Alema; con Bocchino che si cimentava in un ricordo insensato di Marilyn Monroe; con lo stesso Santoro che lasciava cadere nel nulla l’unica osservazione degna di questo nome fatta in tutto il programma: quando la De Gregorio ha parlato di reificazione del corpo femminile.
A chi serve una trasmissione del genere? A chi già pensa certe cose? A sentirsi “diversi” e migliori? O serve invece a convincere gli altri?
No, a convincere gli altri proprio no. Continua a leggere »
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La testimonianza di una giovane immigrata al processo per la rivolta del Centro di Identificazione ed Espulsione di via Corelli, a Milano:
Su tutti, il racconto di Joy, che ricorda in aula di come, una notte dei primi di agosto, l’ispettore-capo del Centro di via Corelli sia entrato nella sua stanza e le si sia gettato addosso palpeggiandola. Già nei giorni precedenti l’ispettore le aveva promesso la libertà in cambio di un rapporto sessuale e sarebbero stati proprio i suoi ostinati rifiuti a concentrare la repressione contro di lei e contro le ragazze della sezione subito dopo la sommossa: manganellata ripetutamente insieme alle sue compagne quando erano già tutte ammanettate, Joy ha ricevuto un pugno in faccia dall’ispettore-capo in persona. Un messaggio chiaro: i guardiani dei Campi vogliono disporre completamente dei corpi che amministrano e recludono, e senza tante storie.
Così, soltanto per sapere di cosa parliamo quando parliamo di centri d’accoglienza «confortevoli» (Silvio Berlusconi, il 15 settembre a Porta a porta).
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Una delle più efficaci e consuete sparate mediatiche del ministro Gelmini riguarda l’insostenibilità, in Italia, della spesa per il personale della scuola e dunque l’inderogabile necessità di abbatterla, con tagli e rasoiate. Già l’anno scorso il ministro aveva più volte dichiarato che non era possibile che le spese per gli stipendi del personale scolastico rappresentassero più dell’80% della spesa complessiva del Ministero per la Pubblica Istruzione. E già l’anno scorso, gli si era fatto notare, che non solo era possibile, ma che poteva addirittura considerarsi poco. Grazie al solito bel grafico ricavato dalle indagini dell’Ocse (e confermato dall’indagine eurostat, appena trovata).
Ma il ministro Gelmini ha poi proseguito lungo questa strada e ha cominciato a dichiarare che non era possibile che il Ministero spendesse il 90% delle sue risorse in stipendi. Fino all’altro giorno, quando si è forse fatta prendere un po’ la mano e ha dichiarato che non è possibile che il Ministero spenda in stipendi per il personale il 97% delle sue risorse complessive Continua a leggere »
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Così il Corriere di ieri a proposito del rapporto della Fondazione Agnelli sulla scuola (l’articolo è citato da Peppe Liberti, al cui interessante post vale secondo me la pena di dare una lettura):
«Il punto — prosegue Gavosto (presidente della Fondazione Agnelli, ndb) — è che il meccanismo di formazione produce una tipologia di insegnante sempre uguale a se stessa, che però inizia a rendersi conto di non essere più quello che serve ai ragazzi di oggi ». E in questo senso, la programmazione diventa fondamentale: «Più che annunciare tante riforme, l’obiettivo per il Paese dovrebbe essere investire in una scuola di qualità. Sulla formazione iniziale, ad esempio: la bozza di regolamento del ministero punta molto su una preparazione di tipo disciplinare, mentre quella pedagogica è ritenuta sovradimensionata. Bene, gli insegnanti ci stanno dicendo esattamente l’opposto». Sarebbe il caso di prenderne atto.
E invece no, secondo me. Ma proprio per niente niente. E invece il problema è che, pur volendo prendere per vere e giustificate le sensazioni di inadeguatezza di molti giovani colleghi, il punto continua a essere un altro. Continua a leggere »
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A me andrebbe anche bene il minuto di silenzio, purché preceduto da sessanta minuti di spiegazione: dov’è l’Afganistan? Perché siamo andati là?… Sì, lo so, tacere è più elegante. Ma se non hanno idea di cosa sia l’Afganistan, non sarà un minuto diverso da tutti quelli che passano in classe seduti a pensare ai fatti loro, mentre si forgiano un visetto serio di circostanza che li assisterà poi in tutti i momenti noiosi della vita, in tutte quelle occasioni in cui è necessario fingere che ci freghi qualcosa di qualcuno. E forse l’alto senso educativo del minuto di silenzio a scuola è proprio questo.
Se il ministro lo stesse a sentire, Leonardo oggi avrebbe già chiuso la faccenda del minuto di silenzio, in onore dei sei soldati morti in Afghanistan, che alcune scuole non hanno rispettato, ma la maggior parte sì (con annessa circolare del ministero in cui si parlava di “missione di pace”).
Io, personalmente, l’ho rispettato e ho avuto l’impressione che sia andata proprio come scrive lui: tutti zitti, aspettando che passi; meglio ancora, anzi: tutti zitti e un minuto in meno di lezione. E i sessanta minuti di spiegazione sulla “missione di guerra” contro i talebani non li ho fatti, in quanto ripetutamente invitato dal ministro in persona a non fare politica in classe.
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Tutto è iniziato con il sugo al pomodoro Scarpariello: che se si vive da soli, se si torna a casa all’una e mezza tutti i giorni e ci si fa una pasta di corsa mentre si muore di fame, è obiettivamente una soluzione eccezionale. Non buono come quello delle vostre nonne o delle vostre suocere, questo no, ma ragionevolmente accettabile: in grado, insomma, di non mettere il cattivo umore solo a guardarlo.
Ma all’Esselunga, dopo pochi mesi, lo hanno eliminato. E ora, da tanto tempo ormai, non si trova più, il sugo Scarpariello, lieve consolazione dei miei primi pomeriggi invernali.
Poi è stato il turno dei tovaglioli Regina, quelli targati provence: pur sempre di carta, ma con colori bellissimi; perché, se è pur vero che si vive da soli, è anche vero che non si mangia mica sempre da soli. E che c’è bisogno di un tocco di colore sulla tovaglia, altrimenti ci si intristisce ancor prima di cenare. C’era un bel giallo intenso, un bel rosso corallo, uno splendido blu notte. Non è rimasto niente, da qualche mese a questa parte, sugli scaffali dell’esselunga, non li ordinano più: tengono soltanto uno schifo di verde putrefazione e un inguardabile giallo piscio-di-cane. Continua a leggere »
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Il libro di storia adottato nel mio liceo si intitola Sulle spalle dei giganti. È un bel titolo. Quindi, quando mi tocca la prima lezione di storia in seconda, per prima cosa spiego loro il significato e l’origine quel titolo, che mi sembra il minimo e mi sembra anche interessante.
Dico che devono anche loro considerarsi nani (faccio qualche corrosiva battuta sulla loro altezza e sulla mia, per non far loro mancare niente…); poi dico che però, grazie ai giganti che li hanno preceduti, possono provare a vedere più lontano e anche a migliorare un po’ il mondo. Poi mi fermo, mi sento improvvisamente un inviato segreto di Barack Obama, e obbedisco all’istinto.
E chiedo: «In che cosa vorreste migliorarlo, quindi, il mondo?» Continua a leggere »
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L’esordio del conduttore elvetico:
Un’esclusiva che sulle tv italiane non potrete certo vedere.
Anche in Isvizzera ci prendono un bel po’ per il culo: Patrizia D’Addario alla tv svizzera.
(segnalato da layos, cui non ne scappa una)
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Il Fatto quotidiano, il nuovo giornale fondato da Antonio Padellaro e Marco Travaglio (e forse anche da qualcun altro, ma non mi ricordo più… ) è uscito oggi in edicola per la prima volta è andato completamente esaurito in un paio d’ore.
Sia o non sia un buon segno, sia il frutto di una campagna di lancio molto ben orchestrata o di altro ancora, sia o non sia un fuoco di paglia, i direttori hanno comunque deciso di rendere disponibile on line gratuitamente la prima copia in pdf, per tutti quelli che volessero darci un’occhiata.
Io ora vado a dargliela, la mia occhiata. Se lo fate anche voi provate a dirmi cosa ne pensate.
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Gianni de Michelis, ex ministro socialista, ex discotecaro doc, ex potentissimo della Prima Repubblica, attuale consulente del suo ex consulente Renatino Brunetta, dichiara, a proposito di questo suo nuovo prestigioso incarico di consulenza:
Ora la situazione si è rovesciata. Brunetta, dopo aver definito il maestro «la migliore intelligenza politica degli ultimi cinquant’anni», l’ha assunto come consulente. A prezzo adeguato? «Macché. Quarantamila euro lordi l’anno: praticamente volontariato. Però sono felice di dare un contributo di idee».
Insomma, un missionario, anche lui; Continua a leggere »
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Ci sono ragazzi silenziosi, in ogni classe. Sono persone forse timide, forse semplicemente un po’ riservate, nel loro stare in mezzo agli altri. I più sono anche studiosi: li chiami e sono preparati; svolgono test e verifiche con ordine, alcuni in modo eccellente, altri semplicemente in modo sufficiente. Fanno sempre i compiti. E se per caso, un giorno, non li hanno potuti fare, te lo dicono con grande ansia malcelata, aspettando che tu li punisca in modo definitivo e perentorio.
È difficile che questi ragazzi siano persone brillanti; è molto difficile anche che lo diventino. Non intervengono mai durante le lezioni e le discussioni, non sono capaci di fare la battuta giusta al momento giusto, non sanno nemmeno fare un po’ di polemica, neppure quando avrebbero ragione e potrebbe loro convenire; non sono mai vestiti troppo alla moda, non godono di nessun successo presso i loro coetanei, in particolare presso i coetanei dell’altro sesso. Hanno il loro piccolo giro di amici, sempre gli stessi due o tre, con cui si chiamano al pomeriggio, con cui a volte si incontrano per fare insieme gli esercizi di matematica. Non saranno mai rappresentanti di classe o di istituto, per il semplice motivo che nessuno li voterà mai.
A volte, alcuni di loro vengono indicati con il titolo spregiativo più tipico di quell’età: «Sono sfigati» (o alcuni anche «secchioni», che si usa di meno, però). Continua a leggere »
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Forse sono l’ultimo a notarlo (o forse l’unico, perché non è affatto importante), ma da oggi, sotto tutti i post del blog Piovono rane di Alessandro Gilioli, compare la dicitura: Riproduzione libera.
Non che sia una rivoluzione (non lo è per niente); ma visto che ormai, su quasi tutti i quotidiani maggiori, è invece diventato normale trovare la scritta in calce: riproduzione riservata, be’, a me pare un bel gesto, proprio perché fatto da un giornalista professionista e non da un blogger qualsiasi. Sobrio e coerente.
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Magari qualcuno si ricorda di Ivano.
Che è stato bocciato, com’ era inevitabile, e che si è iscritto in un altro indirizzo della nostra stessa scuola, come gli avevamo consigliato, noi insegnanti, già dopo pochi mesi dell’anno scorso.
Chi se ne ricorda sa anche che Ivano è tutto tranne che un ragazzo antipatico: brillante, capace di stare in mezzo agli altri, sempre educato e finanche affettuoso, ironico quanto basta. È stato un peccato vederlo studiare così poco, l’anno scorso; ma, onestamente, non c’è stato proprio modo di convincerlo. Per cui ha perso l’anno, avrà passato un’estate tranquilla (o almeno lo spero io, visto che si era già da tempo rassegnato) e poi è tornato tra i banchi di scuola, come gli altri.
E infatti, il primo giorno di quest’anno scolastico, la settimana scorsa, mentre camminavo nei corridoi della scuola, mi sono sentito chiamare a gran voce: «Ehi, prof!». Continua a leggere »
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Il dubbio che non sia lo Stato (con la S hegeliana e maiuscola) a dover educare le persone è un dubbio che ho anch’io, non confondetevi. Insomma, lo Stato Etico è uno di quei concetti così complessi che non mi sento nemmeno in grado di sfiorarlo con il pensiero. Quindi non è di missione educatrice dello Stato che voglio parlare (benché sia assolutamente tentato, ve lo confesso) e nemmeno di tutela dei più deboli (siano essi deboli economicamente o intellettualmente), che pure, invece, è una di quelle caratteristiche che chiederei con forza alla società a cui appartengo.
Però tra Stato “educatore” e Stato “approfittatore” mi pare ci possa essere una bella differenza: tutta una zona intermedia e neutrale in cui lo Stato stesso si potrebbe porre con beneficio comune, dei cittadini, come dello Stato che tali cittadini formano e sono; e con mia pace personale, che avrei qualcosa da obiettare, ma senza scandalizzarmi. Quando, però, lo Stato diventa in modo plaetale un vero e proprio borseggiatore dei suoi propri cittadini, mi pare davvero di cominciare a scorgere un immenso Leviatano che rischia, se non di distruggerci, almeno di farci parecchio male.
Vengo al punto, insomma: Continua a leggere »
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L’altro ieri sera siamo andati a prendere tre pizze nella locale pizzeria d’asporto. Siccome ci andiamo spesso, quasi una volta alla settimana e sempre noi tre, ci hanno regalato tre bibite, a nostra scelta. Noi abbiamo detto: «Grazie», sorridendo contenti, e abbiamo preso le lattine. Poi però si sono presi i 14.50 euro e non ci hanno fatto lo scontrino. E noi siamo usciti senza dire niente, anzi dicendo di nuovo: «Grazie». Anche se a fare bene i conti (e a giudicare dal manifesto tenore di vita dei due gestori) ci conveniva pagare le bibite e pretendere lo scontrino. O almeno credo.
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Greta, durante le lezioni fa fatica a restare concentrata, e a volte quasi si addormenta; Caterina, invece, ha genitori che la assillano, che ancora le controllano i compiti, che ogni giorno verificano se sul libretto è comparso un voto nuovo e che, appena vedono un 6-, la vogliono mandare a lezione privata; e quindi Caterina è sempre nervosa e irritabile; Michele ride per niente, tutto il tempo, almeno dieci volte a lezione; così poi gli altri ridono perché ha riso lui e io devo riportare la calma senza innervosirmi, che non serve a nulla; la mamma di Serena, invece, non si è proprio mai vista: noi le spediamo lettere, lei le firma, nessuno ne sa mai niente; e Serena sembra davvero un po’ abbandonata a se stessa, quando prende 4 come quando prende 7; Veronica deve sempre andare in bagno, invece: se non la lasci andare mette il muso; se la lasci andare non sai quando torna…
Poi ci sono Giovanni che patisce l’aggressività, Elio che invece, se non sei un po’ aggressivo, non fa proprio niente, Michela che deve essere continuamente spronata, Elena che deva essere lasciata indipendente, perché lavora bene solo quando si sente autonoma, Eugenia che interviene a sproposito ma che è anche molto fragile e se glielo fai notare non studia più per un mese…
Sono persone, insomma. Anche se hanno quindici anni (e alcuni nemmeno quelli), sono persone, con i loro pregi e i loro difetti, ognuno con il suo modo di essere e di stare al mondo, ognuno con le sue antipatie. Sono persone il cui essere persona farà inevitabilmente attrito con il tuo essere persona. Continua a leggere »
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Quando avete bisogno di consenso e di visibilità e cominciate a fare fatica a trovare qualcuno che ve li conceda, ecco una ricetta semplice semplice, tutta per voi. Si tratta di organizzarsi rapidamente, di avvertire giornali e telegiornali, di vestirsi da donna decisa e agguerrita, e andare coscientemente a rompere le palle a un gruppo di persone che tentano di farsi gli affari propri festeggiando una delle loro più sacre feste religiose. E poi lamentarsi ad alta voce e piangere, perché vi hanno proditoriamente aggredito.
In alternativa, se non riuscite ad aspettare fino all’anno prossimo, potete anche andare a urlare bestemmie alla prossima messa di Natale, fra tre mesi. Credo funzionerà lo stesso.
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(di Gionata)
Steven Patrick Morrissey, nato a Manchester un cinquantina di anni fa, è stato leader e cantante del gruppo pop The Smiths negli anni ottanta, dal 1984, con l’album d’esordio The Smiths, fino al 1987, con Strangeways here we come. La chitarra talentuosa di Johnny Marr, i testi ironico-disperati e la voce profonda di Morrissey sono ciò che crearono uno stile. Stile Smiths, si dirà da allora in poi. Ma a metterci il carico sarà lo stesso Morrissey, ridicolizzando la monarchia di casa, (Disprezzo la famiglia reale. E’ un nonsense fiabesco, l’idea stessa della loro esistenza in giorni come questi, durante i quali la gente muore quotidianamente perché non ha abbastanza denaro per pagarsi il riscaldamento, secondo me è immorale) o l’allora Primo Ministro Margaret Thatcher (L’unica cosa che può salvare la politica inglese è l’omicidio di Margaret Tatcher), servendosi ancora di citazioni di Wilde e di fiori per acchiappare il pubblico, oppure non uscendo di casa invece di frequentare gli ambienti modaioli di Londra e beccandosi così dello snob. Continua a leggere »
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